sabato 29 ottobre 2016

Salmerìa 43.2016

Chi contribuisce davvero alla lentezza del processo legislativo

Il Vescovo Schneider: “In epoche di crisi, Dio si serve dei piccoli”

Vivacchiando

La BCE chiede all’UE di tenere a bada Bitcoin e monete virtuali

Ma per Renzi viene prima l’Italicum o la riforma Boschi? Il dubbio è lecito

L’obiezione di coscienza non uccide, le menzogne abortiste sì

Obiezione di coscienza: fondamentale tra i diritti fondamentali

Dittatura degli immigrati, in Francia si ribella la polizia

"In Rome we trust": l'ascesa dei cattolici nella vita politica degli Stati Uniti

Ucraina, cresce la richiesta per la maternità surrogata

Lutero, rivoluzione senza appello

Chiamare le cose con il loro nome

Il giorno che tolsero Cristo da Internet

Petrolio, il 30 Novembre Cambieranno gli Equilibri Geopolitici?

La storia di Gorino spiegata solo con i numeri

Tutti Charlie Hebdo ma in Austria si processano i giornalisti per le opinioni. Mentre in Germania..

Aggiornamento Terra Dei Pazzi: tutto come al solito

Eutanasia, ecco come si scivola all'inferno

Gender, se il Forum Famiglie non..."si immischia"

Oregon, vince l'America profonda dei cowboy armati

Il Papa e Lutero, un'intervista che suscita domande





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giovedì 27 ottobre 2016

Conversazione al fronte: Intervista a Diego Fusaro

Continua il ciclo di interviste con chi non si piega ai dettami del pensiero nichilista-relativista e ha il coraggio di opporvisi, sguainando la spada del buon senso per ricordare che due più due fa quattro e che il colore delle foglie in estate è verde. Quindi, non potevamo non intervistare Diego Fusaro, un vero dissidente del politicamente corretto e “dell'economia finanziaria che uccide”. È filosofo, professore, curatore del celebre sito Filosofico.net, saggista: ha riletto e reinterpretato Marx, Gramsci, Gentile, Hegel. È stato allievo di un libero pensatore torinese Costanzo Preve, che ebbe anche il merito di schierarsi a favore di Benedetto XVI nel 2011, contro il fronte laicista guidato da Augias e da Flores d'Arcais, che verso il pontefice avevan lanciato un'offensiva violenta.

Gli abbiamo posto delle domande, su alcuni temi significativi, non si è sottratto alla sfida, offrendoci risposte non banali.


Professor Fusaro, a Tbilisi Papa Francesco è tornato ad attaccare il gender: “un grande nemico del matrimonio”. Quindi, dell'uomo e della donna. Cosa ne pensa, e per quale motivo tale ideologia è così distruttiva?

Penso faccia bene a fare queste critiche. Però, va anche detto che sono rimaste a metà, purtroppo. Perché in tale occasione il Pontefice non ha toccato il problema della mondializzazione capitalistica. Sì, il gender non può essere staccato dalla mondializzazione, essendone una conseguenza: non a caso, essa vuole individui unisex, senza spessore critico, senza tradizioni.

Il gender cancella l'importanza del sesso biologico e livella la fondamentale differenza tra uomo e donna. Ma non è che questa “chimera delle parità fra i sessi” è in realtà un escamotage per ottenere che le donne lavorino come se fossero uomini, per raddoppiare la forza lavoro dimezzando le retribuzioni?

Certo che sì. Perfino le femministe se ne sono accorte; una di loro, Nancy Fraser ha sviluppato questo tema, dimostrando che l'emancipazione oggi è una finzione, dato che è stata usata dal neoliberismo per piegare la donna alla servitù salariata, in nome del “libero mercato”. La donna così risulta più sfruttata dell'uomo.

Chi la sostiene e di conseguenza diffonde? La sua “fortuna” è forse legata ad una situazione che vede l'economia guidata più dal desiderio che dalla necessità? Ne consegue un'invasione della sfera sessuale, vero?

Certamente i due processi sono connessi. Come dicevo poc'anzi, la società mondialista ha bisogno di individui soli, unisex, senza radici e tradizione, che consumano: per riuscirvi opera affinché l'atto sessuale sia completamente disgiunto dall'atto procreativo e diventi puro godimento. In questo modo gli uomini divengono individui atomizzati che vivono solo per soddisfare le proprie esigenze. O così gli fa credere il capitalismo.

Caso Russia. Oggi il paese guidato da Putin dimostra di aver imparato la lezione di Solzenicyn: lotta al calo demografico, agli oligarchi, cura della tradizione spirituale del popolo russo. Non a caso la Russia è in prima linea nella lotta a ideologie totalitarie come il gender, l'abortismo. Che cosa ci dice a riguardo?

Direi che il caso Putin è molto interessante. Le sue radici non sono cristiane ma saldamente comuniste: in modo coerente con esse continua la lotta contro il capitalismo. Ha compreso, però, che per vincere occorre recuperare i valori spirituali.

Lo scenario geopolitico odierno è molto cambiato rispetto agli anni '70, nonostante il mondo continui ad essere diviso in due blocchi: da una parte il blocco dei valori mercatistici occidentali, dall'altra il blocco che ha come elemento fondamentale una cultura che raccoglie anche i valori spirituali. Putin sta lavorando affinché la Russia abbia un ruolo di primaria importanza nel secondo.

Come giudica il rapporto tra Europa e islam? Cosa dovrebbe fare la prima per non soccombere alla forte ideologia del secondo?

Direi prima di tutto di non cadere nel tranello "è in atto una guerra di religione tra islam e cristianesimo"; il mondo dell'economia capitalistica ha tutto l'interesse a far credere che sia così. In realtà, più che un attacco di una religione ad un'altra, è un attacco alla “religione”, da parte dell'economia finanziaria. Non può sopportare la presenza di valori, soprattutto se spirituali, che non siano mercatali, come il neoliberismo, il consumismo... È il nemico comune di cristianesimo e islam, contro il quale dovrebbero unirsi. Questa è un po' la prospettiva.

Due domande sul referendum costituzionale di dicembre.

Spesso ai sostenitori del sì piace usare l'argomento: "nel caso vincesse il no, si aprirebbe un periodo di crisi politica". Lei, che è un convinto sostenitore del No, che cosa direbbe a costoro?

Quando mai. La verità è che la vogliono i piani alti della politica e della finanza mondialista: il recente endorsement di Obama alla riforma del governo Renzi, le ingerenze di JP Morgan attorno ad essa confermano. Tutto questo rientra nella generale offensiva contro la sovranità gli stati nazionali, le loro costituzioni che proteggono chi lavora, il lavoro stesso, le religioni da un'economia di mercato violenta. Occorre respingere la distruzione della costituzione italiana.

Quindi le lobby finanziarie e le banche, favorevoli a governi con meno "ostacoli" istituzionali, si troverebbero avvantaggiate dalla riforma del governo?

È così. Prendiamo ad esempio la già citata JP Morgan, che “attraverso” l'ex ministro Tony Blair incontrò durante due cene – nel 2012 per decidere, nel 2014 per confermare le decisioni – Matteo Renzi per parlare di riforme. La JP Morgan è una società finanziaria con sede a New York, leader nei servizi finanziari globali. Il 28 maggio 2013 compose un documento di sedici pagine dal titolo significativo Aggiustamenti nell'area euro. Prendiamo in particolare pagina 12 e 13, perché qui si parla espressamente delle Costituzioni dei Paesi europei: “Quando la crisi è iniziata era diffusa l'idea che questi limiti intrinseci avessero natura prettamente economica. Ma col tempo è divenuto chiaro che esistono anche limiti di natura politica. I sistemi politici dei Paesi del Sud, e in particolare le loro Costituzioni, adottate in seguito alla caduta del fascismo, presentano una serie di caratteristiche che appaiono inadatte a favorire la maggiore integrazione dell'area europea”. Dunque, anche la Costituzione italiana va riformata, riducendo, se non togliendo, le tutele ai lavoratori, lo stato sociale, la possibilità di fare scioperi. La dignità dei lavoratori, delle persone rischia di essere disarticolata.





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mercoledì 26 ottobre 2016

lunedì 24 ottobre 2016

Lettera dal fronte: Dopo la fine della Cristianità: bellezza, preghiera, sacrificio.

Sembra essersi diffusa una parola d’ordine nelle fila del cattolicesimo occidentale. Negli USA si parla da qualche tempo di “opzione Benedetto”, a suo tempo Giovannino Guareschi parlava di “salvare il seme”, senza contare Joseph Ratzinger, che già nel 1969 affermava durante una trasmissione radiofonica: “Dalla crisi odierna emergerà una Chiesa che avrà perso molto. Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali”. Anche Jacques Maritain rifletteva sulla fine della Cristianità e numerosissimi autori, di quella che possiamo chiamare la scuola Controrivoluzionaria, riflettono e scrivono a partire da questo dato di fatto.

Ci siamo, siamo al piccolo resto di Israele: un processo culturale durato secoli sembra ormai giungere alla fine. Siamo passati dall’ostilità di pochi nemici radicali, alla marginalizzazione sociale, all’irrilevanza, fino a giungere ormai alla persecuzione e, presto, al martirio. Non possiamo negare di aver contribuito spesso noi stessi alla nostra soppressione, con errori politici, strategici, umani, dottrinali, e di questo prima o poi spero ci si renderà conto.

Tuttavia, se l’annuncio di Cristo ha ancora un’attualità, se la sua promessa di salvezza non è stata falsa e vana, siamo ancora tenuti alla speranza. Speranza prima di tutto nella possibilità di una santità individuale, poi di una trasmissione del seme alle generazioni future, infine una speranza anche collettiva. Non nel senso, fallace, che un qualunque ordinamento civile possa automaticamente portare alla salvezza, non esiste e non può esistere nessun paradiso in terra, ma nel senso che alle società si possono dare ordinamenti più o meno conformi a rendere possibile, cioè a non ostacolare, la salvezza dei singoli. Senza nessun determinismo, e con la consapevolezza che la libertà individuale è un affare serio e inaggirabile, vogliamo ancora sperare in un mondo in cui annunciare il Vangelo integralmente non sia un’attività a rischio di marginalizzazione, censura, sanzione. Ma soprattutto vogliamo poter immaginare per i nostri figli un mondo dove il diritto naturale abbia effetto sulle leggi civili, in cui non sia possibile insegnare ai figli contro la fede dei padri, in cui la natura non sia una sorta di nuova divinità a sé stante, ma un libro che porta su di sé tracce del dito del suo Creatore.
Vogliamo un mondo dove la verità e la bellezza siano i primi criteri di giudizio, e si sappia invece che sentimenti e sensazioni riguardano un altro ambito, che non necessariamente è veritativo. Soprattutto vogliamo poter sperare nel Paradiso, e trasmettere la nostra speranza a tutti coloro che vorranno ascoltare.
Molti si chiedono, lo so, se non sia giunta l’ora di costruire nuovi monasteri. Se Don Massimo Lapponi cerca di fare una scuola a distanza, per insegnare le virtù disperse che possono far fiorire una famiglia (preghiera, arti decorative, canto...), l’amico Alessandro Benigni immagina qualcosa di forse ancora più radicale: una vita separata, quasi una forma di disobbedienza civile.
Io rumino e rumino tutte queste cose, quasi serbandole nel mio cuore. In passato ho scritto: “Questi monasteri domestici, isole luminose all’interno delle modernità, io li ho visti. Non sono resti del passato, attardati su una concezione del mondo ormai radicalmente fuori moda, ma germi del futuro.Come san Benedetto, che alla caduta dell’impero romano, non si preoccupa di salvarne i resti sparsi, ma di costruire uomini per il futuro, allo stesso modo vedo fare intorno a me. E non perché il futuro ci sembri un luogo teologico migliore del presente, ma perché il futuro si costruisce pazientemente oggi, educando, pregando e cercando Dio. I monaci tra la fine dell’Impero Romano e l’inizio del Medioevo salvano la cultura, la civiltà, persino la scrittura e l’agricoltura, ma non lo fanno per portare a termine un raffinato progetto culturale, lo fanno incidentalmente mentre sono presi dalla ricerca di Dio, quaerere Deum ”. Ma ancora mi chiedo come tutto questo possa tradursi in pratica.

In particolare a me interessano tre livelli:
1. come un mondo che scopre di non essere più la moral majority elabori delle strategie di trasmissione di fede e valori (o almeno ne discuta);
2. alcune specifiche comunità (ad esempio quella di Clear Creek) che si organizzano creando nuclei umani che approfondiscano al massimo la loro coerenza interna di vita, che condividano un orizzonte e che, nella pratica, abbiano mani libere in materia educativa, organizzativa a livello almeno locale, cultuale e culturale;
3. più di tutto: il “quaerere Deum ”, che è l’origine dell’opera di san Benedetto come ci spiega Benedetto XVI al Collège des Bernardins, e che non necessariamente si declina nella nascita di comunità separate, ma che altrettanto è radicalmente ostacolato nella quotidianità perché la persecuzione è vicina, è già in atto, e rimanere isolati e senza mezzi non ci rende più protetti. La lezione di san Benedetto mi pare significare, tra l’altro, che un mondo nuovo nasce quando si smette di puntellare quello vecchio che sta morendo e ci si rivolge completamente altrove. Non a caso non è stata l’opera di un individuo, ma di comunità e di una regola che plasma i rapporti tra gli uomini. In questo senso è illuminante dom Gérard Calvet, O.S.B., quando parla dello Spirito di cristianità.

Su quest’ultimo punto, in particolare, permettetemi di esprimere tutta la mia angoscia, mi pare che abbiamo ormai superato un punto di svolta e non credo che sarà considerato sufficiente constatare che prevalgono opinioni e stili di vita radicalmente contrari al piano di Dio: siamo ormai al punto in cui ci viene richiesto con sempre maggiore insistenza di “essere d’accordo”, di consegnare i nostri figli perché siano rieducati e ci guardino con diffidenza, di riconoscere di essere completamente impresentabili solo in quanto cristiani. Allora non so se l’opzione Benedetto costituisca una risposta, forse però elabora una domanda.

Io non ho soluzioni e ricette, solo alcune intuizioni: che la fede si risolleverà con la bellezza liturgica più che con mille piani pastorali, che la santità sarà più convincente di ogni discorso politico o sociale, che la bellezza dell’opera di Dio e di quelle degli uomini dissodi il cuore più arido e che, infine, non sarà ciò che è comodo e facile, ma ciò che è arduo, doloroso, difficile, a riportarci in pieno possesso delle nostre anime. Anche se ci piacerebbe che fosse il contrario, è il Sacrificio (e il sacrificio) la chiave delle nostre esistenze. L’uomo, diversamente da quel che ci dice il nostro tempo, è fatto di anima e corpo, e la dimensione spirituale prevale e giudica sull’altra. La nobiltà d’animo, la paternità spirituale, la grandezza e nobiltà interiore sono le uniche vere alternative alla vita da bestie tecnologiche che ci si sta preparando.

«Redimere tempus. — L’unica nobiltà dell’uomo, la sola via di salvezza consiste nel riscatto del tempo per mezzo della bellezza, della preghiera e dell’amore. Al di fuori di questo, i nostri desideri, le nostre passioni, i nostri atti non sono che «vanità e soffiar di vento», risacca del tempo che il tempo divora. Tutto ciò che non appartiene all’eternità ritrovata appartiene al tempo perduto .» (Gustave Thibon, L’uomo maschera di Dio , SEI, Torino 1971, p. 262)








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