sabato 24 giugno 2017

Cecchino: Lettera a La Voce e Il Tempo

Gentile direttore,

le scrivo per condividere le ragioni di quella che credo sia stata e continui ad essere una “buona battaglia” di civiltà. Mi sto riferendo alla veglia delle Sentinelle in Piedi, di cui si è data notizia anche su questo giornale. Da qualche anno a questa parte, con alcuni amici, sono tra i responsabili torinesi di tale movimento di popolo e apartitico; e poc'anzi alludevo proprio alla battaglia che chi si riconosce nella sua mission fa dal 2013.

Sabato 22 aprile siamo tornati in piazza per dire sì alla vita e alla dignità di ogni persona. Gesto che ripetiamo dall'agosto 2013 e tutte le volte in cui la libertà e il diritto di dire la verità sull'uomo è minacciata da disegni di legge ingiusti e perniciosi. In questo modo abbiamo contrastato il ddl Scalfarotto e il ddl Cirinnà. Il primo costituiva un attentato alla libertà di espressione (e noi giornalisti, come gli insegnati, abbiamo rischiato molto a causa di certi libretti e linee guida UNAR); il secondo una ferita terribile alla dignità della donna, perché apriva (e i fatti lo hanno dimostrato) alla pratica barbara dell'utero in affitto; una ferita al diritto dei bambini di avere madre e padre; una ferita all'uomo e alla donna, perché negava l'importanza della loro complementarietà.

Abbiamo detto i nostri sì ma anche il nostro no. No alla cultura della morte, contenuto nel disegno di legge sulle Dat-dichiarazioni anticipate di trattamento/testamento biologico, passato il 19 aprile alla Camera e ora in discussione al Senato. Una legge non orientata verso il favor vitae, che con sotterfugi aggira il buon senso comune e quei princìpi che tutelano la vita e la salute delle persone, come ricordano gli articoli 2, 13 e 32 della Costituzione e gli articoli 1, 2 e 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

Le questioni in gioco sono tante, le più importanti riguardano la vincolatività alle Dat per il medico, il quale rischia di non poter esprimere la giusta obiezione di coscienza, e la possibilità di sospendere idratazione e nutrizione, che non sono terapie ma sostegni vitali, in qualunque modo siano somministrati. Il testo del D.lgs, lo abbiamo letto più volte, è superficiale e mal scritto, pessimo sul piano tecnico (ricorda un'altra legge, altrettanto ideologica, Cirinnà bis). L’articolo 1 dell’attuale legge stabilisce che il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente e in conseguenza di ciò è esente da responsabilità civile o penale. Detto in parole povere: io paziente posso chiedere qualunque cosa e il medico è vincolato a fare quello che dico io; così salta la ratio del Servizio sanitario nazionale, che dovrebbe riconoscere appunto il favor vitae; si distrugge il principio di professionalità e deontologia del medico – che da professionista agisce “in scienza e coscienza” (che in questo testo non viene mai citata) diventa un mero esecutore delle scelte del malato –, ma anche verso una situazione di sanità assurda.

Dunque, rende “disponibile” il diritto alla vita, perché di fatto introduce l'idea che sia la cosiddetta qualità della vita a determinare se essa sia degna di essere vissuta oppure no. Prevede che la nutrizione e l'idratazione, cioè dare cibo e acqua a un malato, possano essere equiparati a trattamenti medici e di conseguenza possano essere arbitrariamente sospesi. Orienta la medicina non alla cura del paziente, ma all'assecondare una volontà di suicidio, che la legge impone anche alle cliniche e agli ospedali cattolici (pensiamo solo al San Camillo di Roma, ove di recente è stato imposto un medico non obiettore, e favorevole all'aborto), i cui dirigenti non avranno perciò il diritto all'obiezione di coscienza, perché costretti a garantire l'esecuzione di pratiche eutanasiche. Qualora passasse la legge si applicherebbe tra l'altro ai minorenni, quindi anche ai bambini, aprendo così la strada ad ogni arbitrio, come già avviene in altri Paesi quali Belgio, Olanda e Francia.

Paesi che qualcuno pensa di indicarci quale esempio di civiltà, dove invece è stato smarrito il senso di sacralità della vita e dove si è presto passati da un'eutanasia volontaria a quella imposta dall'arbitrio dei medici, i quali stabiliscono quali siano le vite degne di essere vissute e quelle da scartare, a volte perché troppo costose. Come sta avvenendo da ultimo nel Regno Unito, dove medici e giudici vogliono staccare la spina al piccolo Charlie di otto mesi, perfino contro la volontà dei genitori.

Allo stesso tempo, non può non destare preoccupazione, soprattutto in chi si occupa di comunicazione, ché deve stare ai fatti senza mistificazioni e omissioni, il tentativo di far passare in fretta e furia una legge che tocca la sacralità della vita umana, e quello di imbavagliare chiunque ricordi ciò e dica che con essa non si giochi.

Di fronte a queste sfide lanciate all'umano, noi Sentinelle non possiamo far finta di niente.
Per questo siamo scesi in piazza e continueremo a farlo, con “un cuore tenero, uno spirito forte” come i ragazzi della Rosa Bianca ci hanno insegnato. Per salvaguardare la libertà e la coscienza nostra e di ogni persona. Abbiamo scelto la piazza perché quello che non difendiamo oggi pubblicamente potremmo presto non poterlo più difendere lì dove si svolge la nostra vita quotidiana. Con la nostra presenza ferma e silenziosa ribadiamo quello che il pensiero unico non vuole sentire, ossia che esiste un bene e un male, esiste una verità sull'uomo che nessuna legge potrà mai cambiare.

Prima di concludere, vorrei ringraziarla a nome mio e delle altre sentinelle torinesi, per lo spazio e il supporto che abbiamo trovato sulla sua testata.


Ps. errata corrige: nell'articolo che ha annunciato la veglia di sabato 22 aprile, su La Voce e il Tempo scorso, è comparso: “le Sentinelle in piedi, vicine ad Alleanza Cattolica [...]”. Tale affermazione non è corretta, poiché sottintende che il movimento di popolo in questione sia identificabile soltanto con una precisa realtà. Certo, l'associazione AC dona un contributo inestimabile all'organizzazione degli eventi legati alle Sentinelle ma non è l'unica. Da quando sono nate, nell'agosto 2013, sulla scia dei “Veilleurs debout” (sentinelle) francesi, le Sentinelle in piedi, sono riuscite a innescare un movimento di popolo che in Italia ha coinvolto oltre trentamila persone – cattolici, evangelici, musulmani, non credenti –. Tutte unite da una preoccupazione: “non si può imbavagliare il diritto di ricordare ciò che la Verità sull'uomo rivela, come questi: un bambino ha bisogno di mamma e papà, la complementarietà di questi è fondamentale, la dignità umana è sacra, dal suo concepimento fino al momento supremo della sua morte”.





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