domenica 20 agosto 2017

I classici della truppa: Narnia. La teologia fuori dall'armadio

Il libro “Narnia. La teologia fuori dall'armadio”, curato da padre Antonio Carriero per le Edizioni del Messaggero di Padova, da come si comprende dall'avvincente titolo, si propone di accompagnare il lettore in una grande avventura attraverso l'armadio più famoso della lettaratura, per conoscere la fantastica terra della saga di Charles Staples Lewis, docente di Oxford e amico del collega-subcreatore J.R.R Tolkien. Un saggio che contiene le riflessioni di una “compagnia del buon senso comune”, formata da autorevoli esperti del fantasy, quali Edoardo Rialti Paolo Gulisano Chiara Nejrotti Ives Coassolo (collaboratrice di Vita Diocesana Pinerolese).


Curatore ed esperti sono riusciti a coniugare, in modo lodevole, agilità espositiva con la precisione nei contenuti, per fornire la famiglia la scuola e la parrocchia di uno strumento assai valido per la crescita spirituale di tutti, giovani e non. Merito appunto dell'opera di Lewis, così ricca di simboli cristiani. Si pensi al leone Aslan, immagine di Cristo, che come Questi si sacrifica per salvare molti, muore e risorge; ai dialoghi che intercorronno tra il leone e i fratelli Pavensie, un simbolo della Rivelazione. Ne consegue che Narnia è un “viaggio di formazione” - non a caso, è il titolo di uno saggi del libro curato da Carriero - nel quale Aslan e gli altri personaggi permettono di riflettere sui grandi temi della fede: la Grazia, il Perdono, la Risurrezione, la tentazione per ogni uomo. Un viaggio verso la realtà, un viaggio che permette ad ogni persona, bambino o adulto, di riflettere su se stesso e sulla vita. Il bene più prezioso è il rapporto con Dio: Aslan risveglia nel cuore dei protagonisti - e dei lettori - questa certezza.

Tuttavia, Lewis si rivolge anche a “chi vede nella sua opera – riporta padre Carriero nell'introduzione – solo racconti fantastici senza alcuna allusione alla fede cristiana. La sua fantasia di scrittore che (sub)crea altri mondi, magici e fatati, mette in evidenza ciò che la quotidianità nasconde e ignora: la presenza impalpabile ma reale del vero Creatore, di Dio, una realtà che il romanzo realista non era più in grado di raccontare”.

Infine, si può ancora dire con il professor Edoardo Rialti che: “Lo studioso non può che ammirare la freschezza con cui in Lewis i rimandi colti, le strutture allegoriche sfavillano come i colori delle miniature medievali. Come nel suo amato Spenser, o in Dante. Per non parlare dello humour, del pathos, e di quella strana capacità che hanno certi racconti fantastici di farti come “raddoppiare il gusto” per ciò che costituisce la semplice stoffa della nostra vita quotidiana. Lo splendore dell'ordinario, direbbe Thomas Howard.

E con il “filosofo contadino” Gustave Thibon, si potrebbe ancora dire che il fantasy non è fuga dal mondo ma opportunità per tornare al reale ed essere al servizio del suo Creatore, e cioè di Dio. Cosa di cui erano consapevoli sia Lewis sia Tolkien, che con i loro scritti hanno offerto panacèe alle anime di milioni di lettori, ferite a causa delle terribili ideologie del XX secolo.

Anche sul giornale della Diocesi di Pinerolo





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