sabato 8 aprile 2017

Salmerìa 14.2017

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venerdì 7 aprile 2017

Giornale murale: Verso «il diritto di conquista umanitaria»?

Ogni giorno in Sicilia (o altrove nelle isole greche o dei Balcani o a Ceuta e Melilla nel Marocco spagnolo) sbarcano migliaia di immigrati clandestini che gli italiani chiamano «i recuperati», perché sono tutti i giorni soccorsi e "recuperati" attraverso gli sforzi assidui di navi di salvataggio (illegali) gestite da organizzazioni umanitarie impegnate ideologicamente nel rifiuto delle frontiere e dell'immigrazionismo come principio (Moas, Jugend Rettet Stichting Bootvluchting, Medici Senza frontiere, Save the Children, Proactiva Open Arms, Mare -Watch.org, Sea-Eye, bateau Life).

Non a caso, tra questi "spazzini" che "prestano" le loro barche (altamente attrezzate e costose), troviamo i soliti sponsor di "No borders", come le molteplici istituzioni e ONG umanitarie 'che ruotano attorno al "miliardario filantropo" George Soros (Open Society). Come emerge da molti resoconti, documenti, relazioni nazionali ed europee piuttosto ufficiali, sappiamo che la sola galassia ONG "Senza frontiere" relative alla Open Society Foundation (co-finanziata da altri benefattori) ha stanziato solo per il 2015, 500 milioni di dollari per promuovere "l'arrivo di migranti" in Europa. In dieci anni, gli investimenti all'unico scopo di contrastare le politiche europee in materia di immigrazione sono stimati tra 2 e 5 miliardi. Ma Soros non è l'unico contributore. Human Rights Watch (HRW) ha finanziato tali strutture di "recuperatori" per la somma di 100 milioni di euro per un periodo equivalente. HRW è esplicitamente citata sui siti Internet delle ONG pro-immigrati illegali, specialmente W2eu e WatchTheMed. Questa realtà di finanziamento - da parte di miliardari e ONG - della immigrazione di massa illegale (profetizzata nel 1970 da Jean Raspail in "Le camp des saints"), che ha già contribuito a destabilizzare l'Europa e a far crescere i consensi a partiti populisti, è raramente descritta dai media benpensanti. E spesso sbrigativamente liquidata nel novero delle tesi "complottiste" e "xenofobe". Abbiamo voluto saperne di più, perché in questo periodo di elezioni presidenziali [ndT: l'Autore parla dal fronte francese, ma i suoi contenuti ci riguardano con altrettanta drammatica immediatezza], e ben sapendo che i "migranti" e altri "sans-papier = senza documenti (e dunque senza cittadinanza e identità)" sono in realtà istradati attraverso un grande traffico di esseri umani da reti criminali (droga, prostituzione, reti di criminalità, documenti falsi, viaggi illegali, contrabbando, lavoro nero, terrorismo, ecc), è un po' sorprendente che né gli Stati sovrani - le cui leggi vengono violate dalle citate organizzazioni non governative - né le istituzioni europee come Frontex non abbiano posto fine a questa complicità tra "soccorritori umanitari" e circuiti criminali di clandestini che ancora violano le leggi in vigore, il controllo dei flussi migratori e la difesa dei confini.

Queste informazioni sono note e deplorate da parte delle autorità sovrane dei Paesi membri dell'Unione Europea e spesso trapelano sul sito di InfoDirekt che attinge ai servizi segreti austriaci. Il ruolo del magnate americano di origine ungherese, ma anche quello delle organizzazioni non governative come MSF, o HRW sono noti. Tuttavia, quello del Dipartimento di Stato, che ha spesso sostenuto questo fenomeno (e l'idea di portare la Turchia nella UE), in particolare sotto l'amministrazione Obama, è meno noto al grande pubblico.

Lungi dall'essere frutto della propaganda dell' "estrema destra", questa realtà è stata denunciata nei rapporti ufficiali dell'Agenzia europea incaricata della questione, Frontex, il cui direttore, Fabrice Leggeri, di recente ha fortemente criticato la tendenza di queste ONG (opposte all'ordine costituito) di aiutare "migranti" clandestini e "rifugiati" (per la maggior parte falsi) a stabilirsi in Europa "recuperandoli" in misura crescente nei pressi delle coste libiche. Ciò di fatto ha incoraggiato i trafficanti libici e altri mafiosi migratori  a caricare sempre più "recuperabili" su loro imbarcazioni di fortuna e caricarli sempre più (malamente) per poi lasciarli andare alla deriva (o persino affondare) presso le coste libiche sapendo che le barche di ONG sorosiane e altre organizzeranno per loro il resto del viaggio.... Come da anni deplorano le autorità italiane e greche presso Bruxelles e le altre capitali del Nord Europa - che obbligano i paesi frontalieri del Mediterraneo a ricevere queste masse a volte minacciose e assumono solo i costi. Leggeri è costernato che oggi gli obiettivi dei trafficanti di clandestini, delle reti di trafficanti di esseri umani "sono le ONG cosmopoliticamente corrette che nessun media benpensante o nessun politico (tranne che i populisti) osa criticare o vietare dacché la sinistra xenofila rivoluzionaria, così influente sui media e sui movimenti cosiddetti anti-razzisti, è riuscita a demonizzare e squalificare qualsiasi persona o partito ostili ai postulati immigrazionisti. L'asse d'intervento immigrazionista e il lassismo degli Stati europei complessati sono una manna per la "mafia migratoria".

Vera manna per i criminali contrabbandieri e per i trafficanti di esseri umani (la mafia turca, libica, albanese, ecc), gli "spazzini" prezzolati hanno permesso loro di ridurre significativamente i costi e le distanze dei viaggi, peraltro ancora fatturati a caro prezzo (tra i 2000 e i 10.000 euro a seconda dei progetti migratori). Essi hanno infatti creato una tendenza all'aumento degli incentivi e quindi anche del rischio di morti in mare, che ha alimentato la propaganda colpevolizzante che mira a rendere l'Europa moralmente responsabile di queste tragedie che sono in realtà causate da reti di trafficanti illegali e ONG pure illegali nel loro sostegno per l'"umanitaria" immigrazione illegale ... Fabrice Leggeri, che dovremmo ascoltare e pubblicizzare di più per avere un corretta conoscenza del fenomeno, e dunque mediante lui l'Unione europea e i suoi Stati membri, ha denunciato esplicitamente le attività sovversive di "salvataggio marittimo", finanziate in particolare da parte delle istituzioni di George Soros.

Tra le operazioni di navi di grosso calibro noleggiate e finanziate da ONG che trasferiscono nei nostri porti migliaia di immigrati clandestini abbandonati dai loro trafficanti-schiavisti criminali in acque libiche, citiamo il Topaz soccorritore delle ONG Moas, il Bourbon Argos di Medici senza frontiere (MSF), o ancora il MS di Sea Eye, quasi sempre finanziati dal miliardario esterofilo. Ricordiamo ancora che questa imponente flotta di navi fantasma battenti bandiere panamensi (Golfo Azzurro dell'associazione olandese e Dignity1 MSF), del Belize (vedi il Fenix del Moas) o delle Isole Marshall (Topaz 1 di Moas), hanno come obiettivi dichiarati l'incitamento alla disobbedienza alle leggi europee e nazionali ed evitare che l'UE controlli questi confini. Questo obiettivo sovversivo, lungi dall'essere frutto delle fantasie "complottiste" di "xénofobi populisti" europei, è chiaramente espresso negli stessi siti di queste organizzazioni "buoniste" come dicono gli italiani. L'associazione tedesca Sea Watch, che gestisce due navi di salvataggio, lo definisce "lotta per il diritto alla libertà di movimento" e "rifiuta di accettare distinzioni arbitrarie tra rifugiati e migranti"; il che di fatto rende nulli : la richiesta del rispetto della confini, il principio della sovranità e le leggi in vigore nelle nostre società. Quanto a Sea Eye, un'altra organizzazione tedesca che noleggia una nave di 26 metri e organizza "ponti di salvataggio", afferma con orgoglio sul suo sito web di battersi "contro eventuali piani futuri europei - in fase di discussione con le autorità magrebine - di trasferire i migranti nei campi in Libia e Tunisia". Allo stesso modo, un articolo pubblicato sul sito web dell'organizzazione Moas Maltese, che finanzia la nave di soccorso Topaz assume un piano e un progetto direttamente basati sulla promozione dell'illegalità: l'autore dell'articolo riporta fieramente il "salvataggio di 650 migranti recuperati nella notte del 21-22 novembre 2016 a 20 chilometri dalla costa della Libia e poi inviati in Italia", l'articolo afferma che una "flotta umanitaria" funziona bene entro il limite di dodici miglia (22,2 km) delle acque territoriali.

Un "manuale" per l'organizzazione dell' immigrazione clandestina...

Ancora più disinibiti, abbiamo anche trovato "manuali" di facilitazione della migrazione clandestina, come ad esempio il dettagliato opuscolo del movimento w2eu ("Welcome to Europe") trovato sull'isola di Lesbo, il 23 settembre, 2016 da un corrispondente di Sky News Jonathan Samuels. Egli ha analizzato questo vero e proprio "manuale operativo di sfruttamento illegale del diritto" la cui copertina conteneva una fotografia struggente di grande attualità di un giovane uomo seduto su una spiaggia al tramonto con sguardo sognante verso il mare e due treni ai piedi ... Questo "codice" del migrante illegale perfetto, scritto in arabo, contiene in particolare i numeri di telefono di agenzie che aiutano gli immigrati durante il viaggio, come la Croce rossa e l'UNHCR - l'alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati. Per quanto riguarda il portale Internet di "w2eu" è costantemente aggiornato e ben documentato. Nella home page, si dice: "w2eu fornisce contatti e consigli ai rifugiati e ai migranti nel loro cammino. Alle frontiere esterne dell'Europa, le persone si vedono negato l'ingresso, sono imprigionate e deportate. Tuttavia, esse continuano a venire. W2eu.info sostiene voi che venite in Europa nella vostra lotta per una vita migliore"... Poche righe dopo, un bel racconto narra la storia di una "donna eritrea", che sarebbe venuta "per caso a Lesbo" (mentre le rotte di migrazione organizzate dai trafficanti sono molto costose, pianificate e basate su una richiesta geografica precisa): "Ora posso vedere chiaramente a cosa assomiglia l'Europa: invia i suoi eserciti per combatterci in mare e nelle carceri dove ci infligge trattamenti orribili. La conclusione non ha alcun commento: "Diamo il benvenuto a tutti i viaggiatori nei loro passaggi difficili e auguriamo a tutti buon viaggio. Perché la libertà di movimento è un diritto per tutti". Salvo che in questo caso si tratta di un diritto fuori legge ... Nella stessa logica del già citato Manuale d'immigrazione illegale, il portale w2eu fornisce informazioni molto dettagliate su ogni paese europeo dove è denunciata la "gestione dei flussi migratori molto rigida" e vengono forniti molti "contatti utili "per gli immigrati clandestini- Tra i più conosciuti in Italia sono quelli della Comunità di Sant'Egidio a Roma, l'Arco - Nuova associazione a Milano, il Naga-Har Center associazione di "assistenza sociale e sanitaria volontaria e cura dei diritti dei cittadini stranieri", con sede a Roma, e ancora Sinti e Arci,  Todo change, che ha filiali a Bari, Firenze, Prato, Bologna, Venezia...

Attenzione particolare merita il portale internet dell'organizzazione WatchTheMed-Alarmphone per la qualità del suo design e per le "informazioni utili", che fornisce in tempo reale una base geografica interattiva per "gruppi di rifugiati in mare". Questo sito si chiama "guardando il Mar Mediterraneo" e si presenta come una piattaforma on line il cui obiettivo dichiarato sulla home page è quello di "monitorare le vittime e le violazioni dei diritti umani dei migranti alle frontiere marittime dell'Unione europea", retorica incredibilmente sovversiva in senso etimologico, poiché i termini utilizzati suggeriscono che è il migrante clandestino che si trova dalla parte della legge e lo stato-nazione il violatore della legge e dei diritti dell'uomo sanciti dalle costituzioni. WatchTheMed mette anche a disposizione dei "migranti in mare" numeri-verdi satellitari di emergenza o "telefoni d'urgenza" che rispondono 24 ore su 24 il cui obiettivo dichiarato è quello di garantire che siano bypassati le Guardie costiere. i funzionari, le dogane e la polizia di frontiera. L'altro scopo dichiarato dalle ONG è quello di esercitare efficaci pressioni sulla stampa e sui politici affinché gli Stati moltiplichino le operazioni di "salvataggio" più veloci e più efficienti invece di applicare la legge e sanzionare le immigrazioni clandestine illegali. Si tratta dunque di veri e propri "cani da guardia del Mediterraneo" che aiutano i migranti illegali e "sorvegliano" e "sanzionano" moralmente le autorità degli Stati sovrani sottoposte ad una intensa guerra psicologica fondata sulla redutio ad Hitlerum o accuse di fascismo "disumanizzazione-demonizzazione" delle forze di sicurezza accusate di "complicità nel genocidio in mare". In un articolo pubblicato sul sito web del WatchtTheMed, si apprende che la toccante "Sonia", che non ha ovviamente voluto "rivelare il suo cognome" a Sky Nouvellespar per "timore di ritorsioni" da parte delle autorità, testimonia la sua gratitudine alla ONG che ha "distribuito gratuitamente ai membri della nostra rete di guide in Turchia e sulle isole del Mar Egeo, ad Atene e in altre città greche". L'ONG è orgogliosa di ricordare che ai migranti sono distribuiti molti altri opuscoli sulla "sicurezza in mare" come "servizio di emergenza, che offriamo ai rifugiati" ... la retorica abilmente utilizzata è sempre quella delle autorità sovrane alle quali sembrano sostituirsi quelle organizzazioni che si considerano più legittime degli stati nazionali e sono riuscite a imporre questa doxa sul piano mediatico e ideologico, per cui è più corretto non parlare di immigrati clandestini, ma di "migranti", "rifugiati" o di "sans-papier" in una logica di vittimismo, che approva la contro-legge e l'illegalità come diritto autentico moralmente legittimo.

Tornando alla nostra cara "Sonia", che ricorda di parlare correntemente l'arabo e di essere, dal suo domicilio austriaco, uno dei "tanti volontari di WatchTheMed": "Siamo un grande gruppo di circa 100 persone presenti in tutta Europa e nel Nord Africa ".

In conclusione, mi sovvengono due domande:
  1. Perché i poteri politici dei paesi europei - ad eccezione di qualche raro "xenofobo populista" - non osano interdire le attività sovversive illegali di queste ONG che ostacolano l'applicazione della legge e violano la sovranità delle nazioni?
  2. Perché il numero di strutture chiamate "anti-razziste", "umanitarie" associative terzomondiste, NO Global, ambientaliste, diritti dell'uomo ideologicamente orientati e molto spesso legati a partiti di estrema sinistra totalitari, rivoluzionari e talvolta violenti e che diffondono in tutti i nostri paesi europei le azioni illegali di "soccorritori di migranti in mare" sono spesso finanziate o garantite dagli stessi poteri pubblici sovrani di cui minano le fondamenta e sfidano la legittimità e la legalità?







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Cappellano militare: Insegnare l'amore

Se c'è una fatica nell'amare è "insegnare l'amore".

Perché amare è riconoscere nell'altro la parola giusta per me, ma non è sufficiente. Lo sarebbe in teoria, ma in pratica la parola ha bisogno di grammatica, l'amore di segni (in-segnare).

Non sono dovuti i segni, ma sono il confine estremo di quello sporgersi amoroso per "divenire uno".

"Insegnare l'amore" è appassionata e paziente arte del corteggiamento, poesia di gesti che incarnano con fantasia la stessa parola, il suo nome.

"Insegnare l'amore" è incidersi la carne perché tutto parli dell'altro. Meravigliosa condiscendenza di un divino Corteggiatore che "si sporca la carne eterna con il mio nome", così da (in)segnare ogni mio passo con il Suo Amore.


Don Carlo Pizzocaro






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Lettera dal fronte: «La gloria di Dio è l’uomo vivente»: considerazioni teologiche sulla cultura della vita/01

Iniziamo oggi una piccola rubrica di riflessione teologica che ci guiderà alla partecipazione della prossima Marcia per la Vita che si terrà a Roma il 20 Maggio 2017. Gli articoli cercheranno di rispondere sulle ragioni dell'impegno della Chiesa Cattolica in favore della vita analizzando la questione sia da un punto di vista scritturale, teologico, magisteriale e di “prassi” tradizionale. Speriamo di aiutarvi a comprendere almeno in parte questo grande mistero ed ad invogliarvi a partecipare alla Marcia, coscienti di gridare al mondo un sonoro SI alla Vita.

Attenzione: gli articoli contengono argomenti ed espressioni tipicamente cattolici =)


Lunedì 27 Marzo sono stati diffusi i dati sul consumo in Italia delle cosiddette pillole del giorno dopo considerate e propagandate dai media come anche dall'AIFA non come farmaci abortivi bensì come contraccettivi di emergenza. La pubblicazione di questi dati è stata l'occasione per una riflessione, spontanea quanto profonda, sul significato ed il valore della vita e della cultura della vita cui si contrappone, ovviamente, la cultura della morte di cui parlava a tamburo battente San Giovanni Paolo II: queste riflessioni, di natura teologica, nascono anche dal fatto che, ahinoi, anche buona parte della élite della Chiesa (intesa sia come gerarchia ecclesiastica che come laicato impegnato socialmente) non approfondisce, e forse neanche conosce, la grandezza del mistero della vita accontentandosi di riproporre asetticamente gli enunciati della dottrina relativi al V Comandamento. Non meravigliamoci di quanto ho appena detto in quanto pochi giorni prima della pubblicazione dei dati di cui sopra è venuta a galla una sordida vicenda che ha riguardato l'Università Cattolica di Lovanio (in Belgio, fino a pochi anni fa tra i massimi Istituti culturali di tutta la Chiesa Cattolica): un docente di filosofia avrebbe proposto agli studenti un suo testo sulla vita, riproponendo (ma in chiave strettamente filosofica) la definizione della Chiesa sull'aborto quale «uccisione di un innocente» e «gravissima colpa in quanto l'innocente è anche indifeso»: il professore è stato sospeso per incitamento all'odio ed altre amenità varie ed il dibattito si è animato sempre più in Belgio con marce spontanee in favore della vita ma anche con interventi a mezzo stampa da parte di tutti gli attori coinvolti. Se non fosse chiaro, il professore è stato sospeso dall'insegnamento da un'Università Cattolica per aver espresso in quella sede le medesime posizioni del Catechismo della Chiesa Cattolica; similmente dobbiamo segnalare i numerosi distinguo ed i comunicati ambigui e dai toni irenistici della Conferenza Episcopale belga che sembrano condannare il professore per il suo intervento pur ammettendo che le affermazioni formano parte del patrimonio di fede dei cattolici.

Come potete vedere, la confusione regna sovrana anche in campo cattolico: non ne godiamo, ovviamente, giacché «un nemico ha fatto questo», ma d'altro canto è nostro dovere «giudicare i segni dei tempi» che ci si pongono dinanzi. Fedeli alla Parola di Dio («vagliate tutto, trattenete ciò che è buono») dobbiamo denunciare ma anche riproporre in maniera decisa e sempre più chiara la sana dottrina in questi tempi in cui, sempre con le parole di San Paolo, si fa presto a dare retta a delle favole.

Chiedendovi perdono per questa lunga introduzione passiamo ora a vedere da dove sgorga l'impegno in favore della vita (dal concepimento alla morte naturale, utilizzando il linguaggio appropriato) profuso nel corso dei secoli dalla Chiesa Cattolica: sarà un'analisi teologica e scritturale che potrà anche non essere condivisa da quanti non si riconoscono figli della Chiesa, ma sarà altresì motivo di approfondimento della tematica per tutti i cattolici che – speriamo – saranno invogliati a compiere la loro missione di sale della terra e luce del mondo con la consapevolezza di possedere un carattere peculiare (anche) quando si parla di vita e di morte. La difesa della vita è secondo la Chiesa un tema comune a tutti gli uomini, che fa riferimento cioè al diritto naturale inscritto nel cuore di ogni uomo ma è altrettanto vero che i cattolici hanno il dovere di sostenere queste battaglie con un quid in più, vale a dire anche da un punto di vista della propria fede: non dimentichiamo infatti che, come afferma San Tommaso d'Aquino, «la grazia non toglie nulla ma [tutto] perfeziona». Ovviamente come è possibile fare una riflessione teologica sulla cultura della vita, è altrettanto vero che è possibile parlare teologicamente della cultura della morte: gli argomenti in ballo sono molteplici e su ognuno dovremmo e potremmo parlare per settimane: per facilitarvi la lettura e la comprensione, pertanto, spezzetteremo gli argomenti in diversi articoli.

Tutto parte dalle origini, e non potrebbe essere altrimenti: al culmine della creazione, da intendere sia cronologicamente che gerarchicamente, Dio crea la prima coppia di uomini, Adamo ed Eva, affermando che essi sono «cosa molta buona» aggiungendo un aggettivo qualificativo assente nel giudizio su tutto il mondo fisico creato precedentemente («e Dio vide che ciò che aveva fatto era buono»). Fin dalle origini dunque, la vita umana ha agli occhi di Dio un carattere peculiare che non verrà revocato neanche dopo il peccato originale benché il Signore preannunci sofferenze e guai di ogni tipo: è doveroso sottolineare questa cosa in quanto oggigiorno, anche tra i cattolici, non è così chiaro che la vita umana abbia un valore intrinseco ed originario, vale a dire per il semplice fatto di essere. Poiché l'uomo è molto buono, inoltre, è facilmente intuibile perché solo a lui (neanche agli angeli, tanto per fare un esempio) Dio abbia dato il compito di soggiogare la terra, di dare il nome agli animali e di disporre di ogni erba e frutto che è nel Giardino. Non dimentichiamo, poi, che l'uomo è creato «ad immagine e somiglianza di Dio» cosicché, ancora oggi, qualsiasi essere umano che viene alla luce ha un valore sacro agli occhi di Dio ed è per lui perfetto in se stesso, a prescindere da “come è fatto”: noi non lo sappiamo (lo possiamo solo intuire) ma Dio conosce perfettamente il perché ci sono uomini più o meno alti, più o meno magri, biondi o mori, con voce rauca o squillante, portatori di handicap o sani, etc. Anche molte differenze tra gli esseri umani derivano dalle conseguenze del peccato originale – e su questo non ci devono essere dubbi al riguardo – ma permanendo il carattere di molto buono e di immagine e somiglianza con Dio (il quale ama le sue creature dello stesso amore che ha una madre per frutto del suo grembo) dobbiamo sforzarci sempre di vedere il nostro prossimo con gli occhi di Dio, che considera ogni essere umano perfetto e preziosissimo ai suoi occhi per il semplice fatto che esista (cui si sommerà in seguito il valore redentivo del Mistero del Verbo Incarnato che fa si che, citando Sant'Ireneo di Lione, «gli uomini possano diventare dei»).

Il semplice richiamo alla creazione delle origini (sebbene il compimento della Rivelazione da parte di Cristo porta con se nuove verità ancor più profonde) ci aiuta a capire meglio il perché la Chiesa oltre a condannare l'aborto e l'omicidio combatta da sempre ogni commercializzazione e la monetizzazione del corpo umano, insistendo a porre come virtù cardine della vita di tutti gli uomini la pudicizia e la castità. Facciamo un esempio lampante: un uomo, anche se non legato da nessun vincolo o voto, che guardi con desiderio spasmodico ogni donna che gli capita a tiro (buttando gli occhi su altre parti del suo corpo, più o meno in bella vista, diverse dal suo viso) difficilmente potrà capire e vivere il mistero che dicevamo prima in quanto non riuscirà a guardare quella sua sorella con gli occhi di Dio ma solamente con quelli della carne. Similmente, una donna che farà di tutto per mostrare il proprio corpo (ed oggigiorno non è difficile né da immaginare né da vedere per strada) non solo potrà essere occasione di peccato da parte di un suo fratello ma percepirà se stessa come mera carne, senza cioè quel carattere di immagine e somiglianza con Dio proprio della sua essenza. Ovviamente questi sono frutti della concupiscenza, cosicché sarà possibile per chiunque vivere in castità principalmente per mezzo della vita di grazia (cosa valida anche per i viziosi, il cui problema potrebbe dipendere da eventi e convinzioni pregresse una vita di fede degnamente vissuta) ma di certo l'esercizio della temperanza e delle altre virtù in giovane età aiuterà a piegare la volontà di ciascuno creando così un abito di pudicizia e purezza.

Ma proviamo a spingerci oltre, e concentriamoci nuovamente sul problema che ci siamo posti dinanzi. Abbiamo detto che Dio, anche dopo il peccato originale, non rinnega la sua parola benché condanni l'uomo (o, meglio: dia all'uomo la pena consona al suo errore) ad una esistenza da vivere in una valle di lacrime: egli infatti non solo promette che la stirpe della donna schiaccerà la testa al serpente ma si fa prossimo delle sue creature mostrandosi o come giudice giusto (come nel caso del diluvio in cui la stirpe umana non è distrutta ed il mondo ripopolato per mezzo dell'Arca) ma anche come un tenero padre per mezzo dei patti di alleanza, prima con Noè e poi con Abramo, che – attenzione! – è sempre Dio a proporre per primo, rivelando così il suo amore sconfinato per le sue immeritevoli creature ed accettando anche la libera scelta dell'uomo di non corrispondervi. L'Antico Testamento rimanda spesso a questa dicotomia dell'uomo: egli è «concepito nel peccato» ma è anche «gloria di Dio». Non per nulla Davide, nel Salmo 8, chiede a Dio «che cosa è l'uomo perché te ne ricordi, e il figlio dell'uomo perché te en curi?» dopo aver osservato le meraviglie della natura cui l'uomo non sembra si possa paragonare e la risposta di Dio, per mezzo delle parole di Davide, è sconvolgente in quanto afferma che «eppure l'hai fatto poco meno degli angeli, di gloria e di onore lo hai coronato [...] tutto hai posto sotto i suoi piedi».

Quando sentiamo proclamare questi passi della Parola di Dio sentiamo anche noi vibrare le corde più profonde della nostra anima come accadde a Davide mentre scriveva questa suo dialogo con il Signore? Contempliamo anche noi la grandezza di ogni essere umano andando oltre il dato puramente materiale? Riflettiamo che Dio ci ha coronato di gloria e di onore, attributi che sono Suoi e che da noi stessi non possiamo neanche minimamente immaginare?

Ci poniamo queste domande? O siamo dell'idea che l'uomo è un essere autosufficiente, adulto, autoreferenziale e dominatore del mondo? Similmente, ci ricordiamo della nostra relazione e dipendenza assoluta con Dio, come anche della partecipazione di ogni uomo al Suo essere, durante un malattia o una desolazione spirituale? E dinanzi ad una rara bellezza (utilizzando il linguaggio biblico) riusciamo a trascendere il dato puramente carnale ed effimero di tale innegabile splendore? Siamo pronti, noi uomini, ad esempio, a guardare una donna in lingerie con lo stesso sguardo con cui ne osserveremo un'altra avvolta da uno scialle coprente? Saremmo certi di poter trascendere il dato materiale per poter affermare, ed a cuor contento, di non essere i padroni e i consumatori di quella persona? E dinanzi ad un portatore di handicap, oppure ad un mutilato, riusciamo ad avere quello sguardo di pienezza proprio di Dio? Siamo certi che ogni volta che ci mettiamo dinanzi ad uno specchio siamo pronti ad accettarci per quel che siamo e cercare di migliorarci – ovviamente! – per dare gloria a Dio e non solo per cercare quella degli uomini?

Come si può vedere, un discorso teologico sulla cultura della vita e sulla cultura della morte implica una mole di considerazioni troppo ampia: sarebbe banale citare semplicemente il V Comandamento, come anche il solo riportare le enunciazioni del Magistero e del Catechismo su aborto, eutanasia e fecondazione artificiale.

C'è bisogno invero di capire ciò che magari già si sa. E di amare ciò che si conosce per poi vivere ciò che si ama. Vi diamo appuntamento alle prossime puntate di questa rubrica, in cui cercheremo di sviscerare nei limiti delle nostre possibilità questo grandissimo mistero che ci riguarda da vicino in maniera somma in quanto Dio, cioè l'Essere perfettissimo e immenso, ha voluto che la sua gloria coincidesse «con l'uomo vivente».


Francesco Del Giudice






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giovedì 6 aprile 2017

Cappellano militare: L'ascolto

L'ascolto è un punto di vista, quello giusto.

Ascoltare è guardare il mondo da spalle più grandi delle mie.

Ascoltare è accettare di non vedere ancora, perché ti basta quel che l'altro ha visto per te: ascoltare significa vivere nella visione di un Altro.

Per questo la Fede e la vita nascono dall'ascolto, si vedono con le orecchie. Per questo il vero miracolo è sempre un punto di vista: non è tanto "vedere Dio", ma "vedere da Dio".


Don Carlo Pizzocaro






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Cinematografo dell'alpino: La bella e la bestia: La magia della Bella!

Il nuovo live action della Disney è un capolavoro ma la firma l’ha messa una magnifica Emma Watson


Una versione aggiornata ma molto fedele all'originale disneyano, questo è stato nel complesso il progetto pensato dal regista Bill Condon. Un progetto che si è realizzato in maniera impeccabile: il film riesce a restituire in pieno lo stupore e la meraviglia del cartoon animato e dà anche ai protagonisti una certa profondità che li rende più umani ed appetibili ai gusti degli adulti.

La pellicola non è tuttavia immune da piccoli difetti: qualche aggiunta è un po’ di troppo e anche se in alcuni casi sono funzionali per delineare meglio la complessità dei personaggi (vedi per esempio la scena di Belle e della Bestia nella vecchia casa di Parigi), altre volte smorzano un po’ la semplicità che aveva caratterizzato il precedente (nel finale ci sono evidenti allunghi per il brodo...); i nuovi brani cantati non entrano con la naturalezza che detiene il precedente e quindi per quanto belli e ben interpretati possono risultare di primo impatto un po’ stucchevoli: un semplice monologo o dialogo sarebbe bastato (per esempio la canzone della Bestia dopo la partenza di Belle per salvare il padre).

Però a conti fatti La Bella e la Bestia è un vero e proprio capolavoro. Riesce a toccare punte di lirismo e di poesia con maggior forza del precedente in alcuni casi e grazie al fatto di essere un live action ci trasmette la naturalezza delle situazioni, dei paesaggi, dei sentimenti che coinvolgono i personaggi e l’attualità della fiaba stessa.

Gli scenari, gli sfondi e i costumi sono frutto di un lavoro evidentemente scrupoloso: la cura nel dettaglio trasmette allo spettatore l’atmosfera tipica di una Francia di fine seicento con i suoi paggi aristocratici e il paesino popolato da contadini indaffarati nelle varie faccende quotidiane. Questo lo notiamo anche su alcune scelte: per esempio il luogo dove Belle accede ai suoi libri non è una semplice libreria (poco verosimile tra l’altro per un paese dell’epoca) ma è la chiesa del villaggio; la presenza di Parigi con la sua Notre Dame (preludio ad un altro live action ?...); il riferimento all'epidemia di peste. Dettagli, questi come altri, che però nell'insieme costituiscono un gioco convincente e godibile; anche per questo la fiaba riesce ad acquisire un pizzico di dignità in più: non è più un semplice racconto con una morale ma anche una vera e propria “storia” (il termine va inteso ovviamente nel suo senso più largo possibile).

I punti di forza del film però restano tre: il grande messaggio insito proprio nella fiaba de La Bella e la Bestia; un cast di attori talentuoso; e ovviamente Emma Watson.

Gli interpreti sono tutti bravi e coscienziosi dei ruoli assegnati. Risaltano su tutti il duo Luke Evans (Gaston) e Josh Gad (Le Tont) con una buona alchimia alternano da gag comiche e momenti di tensione, quelli che cominciano a insidiarsi nel secondo quando comincia a manifestarsi in modo sempre più violento l’ossessione del primo. Bravi anche (anche se sono perlopiù doppiatori nel loro caso) Ewan McGregor (Lumière), Emma Thompson (Mrs Bric), Ian McKellen (Tockins) e Stanley Tucci che è il nuovo personaggio del clavicembalo Mastro Cadenza: tra questi sono i primi due a distinguersi per interpretazione e virtuosismo che dimostrano soprattutto perché a loro sono affidate due delle canzoni più famose del cartone animato, “Stia con noi” e la classica “La Bella e la Bestia” (da noi conosciuta come “È una storia sai”). Apprezzato è anche Dan Stevens che veste i panni della Bestia: è credibile e sa cantare anche bene.

Tuttavia sull'intero gruppo svetta su tutti una magnifica Emma Watson. Belle è il suo personaggio, e lei ne veste i panni come se infondo fosse lei stessa ad essere immersa in quella fiaba. È credibile sotto tutti i punti di vista: negli sguardi, nelle espressioni del viso, nelle emozioni che trasmette, quando canta e anche quando balla. La sua Belle ricalca da un lato l’energia che aveva caratterizzato il personaggio animato, ma è allo stesso tempo distante da quel modello di “crocerossina stoica” (non in tutte le scene ovviamente... l’originale si discute ma poco!) che era presente nel precedente. La Watson inoltre possiede quel fascino e quel carattere e un modo di muoversi fino alla sua stessa voce che portano spesso e volentieri a pensarla come una vera principessa. E sarà anche quel suo essere femminista convinta a rendere intrigante il personaggio di Belle, la prima principessa Disney senza la “fissa” del principe azzurro ma con quel desiderio di “voler vivere di avventure”. Eppure Emma sa donare anche nella sua interpretazione i sentimenti di fragilità che contraddistinguono una qualunque ragazza, l’insicurezza di chi ha paura di vivere un’intera vita in una quotidianità sempre solita e desidera trovare qualcuno che sappia veramente capirla. Insomma è Emma Watson la vera stella del film e difficilmente troveremo, almeno per questo periodo, un’attrice così simbolica rispetto a un film: una vera e propria icona per il cinema di oggi.

E infine, ma non ultima per importanza, c’è proprio la storia de La Bella e la Bestia: una storia così carica di significati che fanno riflettere con meraviglia non solo i bambini, ma anche gli adulti. Il saper guardare ed amare oltre la semplice apparenza estetica, dove però nella pellicola si esprime anche la natura coraggiosa di uno sguardo che vuole cogliere l’essenziale della persona. E il coraggio è un tema ricorrente nel rapporto tra i due protagonisti; incarnato in particolar modo nel personaggio di Belle che sa andare avanti nonostante tutti i piccoli muri che la Bestia costruisce intorno a se stesso. L’amore, altro tema cardine, è quello espresso nel precedente disneyano: non è solo attaccamento, ma è anche possibilità di attaccamento e sorpresa verso se stessi; è anche sacrificio, il saper mettere da parte se stessi per il bene e l’affermazione dell’altro. Anche l’antagonista di turno, Gaston, si carica di nuovi significati: non è solo archetipo di un’idolatria verso se stessi, ma diventa pure un uomo ripiegato sui suoi progetti meschini.

La Bella e la Bestia è quindi una “nuova” (?) perla all'interno del grande panorama targato Walt Disney godibile per grandi e piccini. Primeggia quindi meritatamente al botteghino con i suoi 400 milioni negli States e i complessivi 900 milioni in tutto il mondo; in Italia si classifica ancora primo al box office per il terzo weekend consecutivo.

Consiglio appassionato: vederlo in lingua originale! È il modo più sicuro per apprezzare totalmente l’opera e le prestazioni degli attori. E poi Emma Watson che canta è una meraviglia che non si discute.


Antonello Di Nunno






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mercoledì 5 aprile 2017

Cappellano militare: Libertà

«[Libertà] è anche dire di sì a ciò che non abbiamo scelto» [don Jacques Philippe]: essenziale e vertiginoso insieme.

Libertà non è andare dove si vuole, ma "rimanere": rimanere dove tutta la mia volontà termina in ciò che un Altro ha voluto, rimanere dove tutto il mio desiderio termina in ciò che un Altro ha desiderato. Rimanere dove tutte le mie scelte terminano in una sola scelta: scegliere Colui che sceglierà ogni cosa per me. Rimanere fuori dalla mia misura, anzi fuori da ogni misura: libertà è rimanere dove nessuno possa più misurare la libertà.


Don Carlo Pizzocaro






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Congedo con onore: God's not dead 2: Testimonianza in corte







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martedì 4 aprile 2017

Cappellano militare: Appartenenza e obbedienza

"Io" o "tu" non bastano mai: è peccato guardare "uno" e non riconoscere "tutti".

Peccato è non (ri)conoscere la famiglia: è il peccato del "homo novus", illuso di non avere eredità da portare.

Peccato è non (ri)conoscere Dio: è il peccato del "homo faber", che pensa di essere debitore solo a se stesso.

Appartenenza (alla famiglia) e obbedienza (a Dio): due virtù per conoscersi, riconoscersi, incontrarsi (tra sé e sé, tra due, o tra molti: non cambia, perché la comunione è una sola).


Don Carlo Pizzocaro






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lunedì 3 aprile 2017

Cappellano militare: Mettere al centro la persona

Come si fa a mettere al centro la persona?

Due tentazioni: accanimento e attaccamento.

Gesù mostra un'altra via: il silenzioso distacco.

Quella donna forse si aspettava qualcos'altro da Dio, forse consolazione o forse parole di condanna, invece trova tutt'altro. Perché amare è far crescere e far crescere è lasciare spazio.


Don Carlo Pizzocaro






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domenica 2 aprile 2017

Lettera dal fronte: Marciare per salvare la Civiltà. Il perché di una scelta

Per il sesto anno di seguito, l’Italia è in recessione. Lo ha certificato anche l’ISTAT ma pochi giornali ne hanno parlato: TelevideoRai ha riportato la notizia nelle rubriche secondarie e non nella celebre pagina ‘103’ dove vanno a finire le notizie più importanti e clamorose. Solamente Avvenire se n’è accorto e, ad onor del vero, è dal novembre/dicembre che cerca di sensibilizzare la società e gli altri media su questa tematica fornendo studi, cifre, dati, riflessioni di esperti. Perché è stata scelta questa linea editoriale da parte dell’intero mondo dell’informazione italiano? Perché, attenzione, l’Italia non è in recessione economica per il sesto anno di seguito: l’Italia è in recessione demografica! Non solo gli italiani non procreano più, ma neanche adottano più bambini (in particolare nel sistema delle adozioni internazionali). Se Atene piange, inoltre, Sparta non ride: anche gli stranieri infatti procreano sempre di meno. E l’ISTAT per far ingollare meglio la pillola non parla più di abitanti ma di residenti, falsando cioè il dato reale in quanto (non neghiamolo) il concetto di residenza e di domicilio in Italia sono agli antipodi una dall'altra. Allo stesso modo, probabilmente per la prima volta, per non mostrare il vero e proprio vuoto che si sta creando tra la popolazione italiana l’ISTAT si esprime in termini percentuali millesimali, abbandonando la tipica percentuale a due zeri che ci hanno insegnato alle elementari. Oltre a questo, aumenta di anno in anno il numero dei morti che, ormai, ha superato anche le cifre spaventose degli anni 1916/1917: poiché in quel biennio ci furono le più dure battaglie della Grande Guerra cosicché lo scenario è ancora più preoccupante e logicamente assurdo. Ormai l’indice di sostituzione (il fatto cioè che ogni anno ad ogni morto corrisponda almeno un nuovo vivo) è semplice teoria dei manuali statistici: la realtà ci dice altro.

La domanda di sopra, tuttavia, rimane: perché non si da importanza ad una notizia (ormai una vera e propria “serie storica”) che riguarda sia il presente che il futuro, prossimo come anteriore, di tutta la Nazione? La verità, come accade spesso, è tanto semplice quanto amara: è meglio tacere questi argomenti, o parlarne velocemente, perché altrimenti bisognerebbe richiudere il Vaso di Pandora da cui sono usciti fuori tutti i problemi che ci stanno portando sempre più ad una vera e propria era glaciale demografica che sembra non avere fine e che sarà sempre più drammatica. Ogni anno spariscono dal nostro Paese intere comunità, e quelle che resistono invecchiano sempre di più. I legami si spezzano e tra poco non sarà strano trovare persone che vivranno senza avere accanto né familiari diretti né parenti più o meno prossimi.

Noi stiamo assistendo ai frutti di una cultura individualistica, nonché radicalmente pessimista e/o nichilista, ed il più lontana possibile da una concezione di identità e comunità aristotelicamente intesa: l’uomo non è più un animale politico, cioè sociale, ma bensì la concretizzazione del celebre assioma di Lucrezio ed Hobbes homo homini lupus. Ci troviamo dinanzi ad una vera e propria cultura della morte che, volenti o nolenti, ci condiziona in ogni nostro agire e di pensare. Non dobbiamo meravigliarci infatti se in Italia non si procrea più e se non ci si cura dell’aumento vertiginoso degli anziani se, infatti, fin da piccoli siamo portati a considerare come modelli da seguire delle persone che a 40 o 50 anni (se non ancora di più) ancora non hanno legami stabili e rifiutano categoricamente di sostenere una gravidanza preferendo invece ricorrere a scappatelle di ogni genere, purché ovviamente di breve durata, per poter soddisfare i propri bisogni affettivi e sessuali. Non ci si deve meravigliare se in Italia c’è l’inverno demografico quando consideriamo che i prodotti anticoncezionali (rivolti sia ad un pubblico femminile che maschile) siano a disposizione anche nei bagni pubblici delle stazioni e degli autogrill (cosa anche molto discutibile: se entro in un bagno pubblico, magari a pagamento, non penso che avrò da espletare funzioni sessuali). Non dobbiamo meravigliarci di quanto detto sopra perché esiste una legge, la celeberrima 194, che permette di uccidere il frutto del rapporto tra un uomo ed una donna: come si può parlare di tutela della vita se una Legge dello Stato ha depenalizzato ed esteso l’aborto anche a soggetti che preferiscono andare a fare la bella vita piuttosto che prendersi cura di una creatura appena nata? Come è possibile non capire la stretta connessione che esiste tra il tracollo del numero dei matrimoni cioè della formazione di una coppia stabile, nucleo fondamentale della comunità più ampia che è la Nazione? Come è possibile non vedere la correlazione tra l’aumento vertiginoso dei rapporti sessuali consumati occasionalmente e l’assenza di gravidanze tra i giovani? Come è possibile non considerare che le cosiddette precauzioni durante questo tipo di rapporti sono essenzialmente precauzioni di natura anti-concezionale? E come si possono spacciare per farmaci quelli che sono dei veri e propri veleni? Se ci trovassimo in ambito fitosanitario o veterinario, ad esempio, i prodotti di sterilizzazione sarebbero vietati all’uso comune: nel caso umano, invece, vengono venduti liberamente, spesso anche senza ricetta di prescrizione. Di cosa dobbiamo meravigliarci se ormai la figura sociale, culturale e professionale delle escort e dei gigolò è ormai entrata nel linguaggio comune delle persone e viene riproposta a piè sospinto, e sempre senza alcun tipo di giudizio bensì in maniera sempre positiva e propositiva, nella gran parte delle produzioni televisive e cinematografiche italiane, in particolare prodotte o trasmesse dalla RAI? Come si può minimamente immaginare di crescere, e per tutta la vita, un frugoletto fin dal concepimento se (in particolare dall'approvazione della Legge sul Divorzio) si sostiene in tutti i modi che i legami più sono liquidi più saremo felici? Come è possibile invogliare i giovani a procreare se esiste una legge (la famosa 40) che permette di ricorrere a qualsiasi tecnica pur di avere figli anche in un’età considerata generalmente e scientificamente non fertile? In che modo si può concepire un figlio, che sarà della coppia per tutta la loro vita, e non a tempo o solo quando se ne ricorderanno, se l’età media dei rapporti di matrimonio diminuisce di anno in anno per la gioia degli avvocati, dei sociologi, dei politici e degli psicologi che ci spiegano che il fatto di rompere la routine di coppia porta grandi benefici sia al corpo che allo spirito dei divorziandi? E come è possibile parlare di vita, e dunque di natalità, se lo Stato si sta impegnando in prima persona per la diffusione, autorizzata!, delle cosiddette droghe leggere? Ma se sono droghe, come possono essere leggere? Esiste per caso un omicidio leggero ed un omicidio pesante? O esiste semplicemente una gradualità nell'efferatezza o nella gravità del reato commesso?

Nei giorni scorsi, come ormai non accadeva da diverso tempo, si è tornato a parlare della condizione della vita umana, della sua fragilità e del rapporto tra la vita e la morte sia all'origine della vita sia alla sua fine: eutanasia, aborto, fecondazione in vitro, creazione di ibridi e concepimenti completamente artificiali. Tutto insieme, letteralmente. Non è stato un confronto facile né tanto meno pacifico. Si è parlato spesso più con la pancia che con la ragione. Sono stati fatti paragoni a momenti tristi della storia umana, e si è cercato anche di immaginare un futuro diverso da quello che si pensava di poter vivere fino a pochi(ssimi) anni fa. Sono state messe in contrapposizione società e legge, fede e ragione, cultura elitaria e cultura popolare, partiti di destra e partiti di sinistra, medicina ed etica. Ci si è accapigliati, scontrati, anche presi a male parole per (siamo sinceri) non risolvere granché del grande mistero che abbiamo dinanzi. Perché di questo si tratta, ci piaccia o non ci piaccia: la vita (ed in particolare la vita umana) è un mistero. E come tale fino a pochi anni fa era vista, osservata, ammirata, studiata, venerata. Ma ora non è così: si sono ribaltati completamente sia i giudizi che il metro di paragone per parlare e valutare questo mistero. Si ama e si desidera, per sé ma soprattutto per gli altri, ciò che era considerato impensabile mettendo insieme, anche lessicalmente, nozioni agli antipodi ed concettualmente stridenti come diritto e morte. E lo si fa nei bar, nelle piazze, nei circoli culturali, con gli amici, sulle riviste di moda, nei giornali, nei video di YouTube, finanche in Parlamento. E tutto come se fosse una cosa normale e senza conseguenze più o meno pesanti, più o meno evidenti. Ma su una cosa concordano tutti gli attori in scena: si tratta di un cambiamento epocale della società (e quindi della cultura e dei giudizi, senza contare il modo di intendere la propria identità, la propria storia, il modo di immaginare il proprio futuro) paragonabile ad una vera e propria rivoluzione. E questa rivoluzione coincide con il Vaso di Pandora cui accennavamo sopra.

Combattere la cultura della morte significa combattere in favore della cultura della vita, alzando lo stendardo dell’amore per propria Patria, per i propri concittadini, per le future generazioni come anche per le categorie più svantaggiate e deboli. Dobbiamo ammettere infatti che se la cultura della morte dilaga è anche perché non si è saputo proporre, ed anche difendere, efficacemente la cultura della vita.

Fare questo significa affermare verità scomode che nessuno vuole ascoltare: e per farsi sentire allora bisogna gridare. E la storia e l’esperienza ci insegnano che non c’è grido più efficace che quello elevato durante una marcia: la storia dei sindacati, dei partiti politici, dei gruppi religiosi, dei gruppi per i diritti civili etc è piena di manifestazioni di questo tipo che hanno spesso portato a grandi conquiste per tutta l’umanità.

C’è la possibilità di marciare per dire NO alla cultura della morte e SI alla cultura della vita: è la Marcia per la Vita che si svolgerà a Roma il 20 Maggio prossimo. La risposta alla negatività sarà la nostra personale risposta affermativa alla vita per mezzo del nostro grido a squarciagola.

Che aspetti? Vieni anche tu a marciare e gridare con noi il tuo personale SI ALLA VITA.








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